Il viaggio delle opere
Il tema che abbiamo scelto per #museodifferente di luglio è il viaggio.
Viaggio fisico, della mente, via mare, via terra, nei cieli, solitario, culturale, ma non solo.
Antonio Borgogna fu un viaggiatore esperto, consapevole e colto. Viaggiò, viaggiò e ancora viaggiò, acquistando e portando a casa opere di enorme valore artistico e culturale.
Oggi non stupisce incontrare, visitando una mostra temporanea, opere che provengono da musei che hanno sede a chilometri di distanza. Lo stesso Per ottanta centesimi! di Angelo Morbelli acquistato dal museo nel 1912 e opera di spicco della collezione dell’Ottocento, ha girato il mondo da Londra a Tokyo. Oggi ci sono ditte specializzate, casse sofisticate, muletti di trasporto, aerei, sistemi tecnologici di controllo a distanza, ecc.
La movimentazione di opere d’arte, oggi, è indubbiamente differente dai tempi di Borgogna. In che modo le opere della collezione arrivarono in città? Con che mezzi di trasporto? Con quali cautele e accorgimenti? In altre parole, come viaggiarono? Purtroppo la documentazione necessaria è scarsa: qualche guida e alcuni appunti di viaggio di Borgogna. I suoi diari, invece, sfortunatamente non si sono conservati. Ma vogliamo provare ad immaginare il viaggio che portò alcune di queste opere a Vercelli.
Lo voglio! Ma come organizzo il viaggio?
Le movimentazioni più complesse, possiamo supporre, erano quelle di opere ingombranti, pesanti, o realizzate con materiali fragili.
Un esempio sono i micromosaici in pasta vitrea di manifattura romana esposti nella casa-museo. La tecnica nasce nel XVIII secolo a Roma ed era solitamente usata per realizzare oggetti preziosi di piccole dimensioni. Orecchini, collane, anelli in micromosaico, erano i “souvenirs” romani del tempo. Borgogna, però, acquista dei “souvenirs” fuori misura, oggi impossibili da far passare al check-in dell’aeroporto. Dei micromosaici di elevata qualità artistica, grandi diversi metri e con cornici imponenti: ingombranti e pesantissimi (più di 250 kg!). Ci piace immaginare Antonio sul treno, in uno scompartimento risicato, stretto con fierezza ai micromosaici, suoi recenti acquisti. E, dopo ore, forse giorni, l’arrivo alla stazione di Vercelli. La breve ma interminabile strada verso casa, a bordo di un carro trainato da cavalli. Infine, l’apertura dell’imballaggio, col dubbio che qualche tessera potesse essere saltata.
Oppure la gigantesca Apoteosi di Vittorio Emanuele II, opera lignea dell’ebanista bellunese Valentino Panciera Besarel (Belluno 1829-1902). Un gruppo scultoreo ligneo composto da diverse parti, probabilmente assemblate prima della partenza dell’opera alla volta di Vercelli. L’opera, (tre metri per uno e mezzo, spesso cinquanta centimetri) fu forse trasportata intera da Venezia!
La stessa opera è stata di recente movimentata per essere sottoposta ad analisi e restauro al Centro di Conservazione e Restauro “La Venaria Reale”, ed esposta alla mostra “Dalle regge d’Italia. Tesori e simboli della regalità sabauda”.
La movimentazione, in questo caso, dopo quasi un secolo e mezzo, è ovviamente avvenuta con modalità del tutto diverse. Indubbiamente, però, anche nel XIX secolo, e precedentemente, i trasporti di opere d’arte avvenivano all’ insegna della conservazione. Basti pensare che già gli antichi romani progettarono navi particolari per trasportare gli obelischi egiziani in Italia. O che alcune opere pittoriche di enorme valore venivano trasportate “a mano” anche per distanze lunghissime.
E se si rompe?
Considerando le difficoltà che il viaggio delle opere d’arte comportava ancora nell’ Ottocento, probabilmente Antonio Borgogna ricorse ad accortezze particolari. Proprio in quel periodo, infatti, abbiamo le prime notizie di collezionisti preoccupati dalla pericolosità del trasporto delle loro opere. Cominciavano a diffondersi i prestiti in occasione di mostre: i collezionisti, lusingati dall’ esporre i propri tesori, manifestavano una certa ansia al pensiero del viaggio. Come ci riferisce una lettera riportata da Francis Haskell, storico dell’arte inglese, nel suo libro Antichi maestri in tournée:
[…] pur nelle circostanze più favorevoli è sempre pericoloso rimuovere, imballare e disimballare, appendere, ecc. così tanti dipinti. […] Dite di non ritenere che vi sia la minima parte di rischio nell’inviare i quadri a Manchester, affermate un minuto dopo che ‘l’unico rischio’ è ‘il treno’… Ora, caro amico mio, incidenti di ogni genere capitano tutti i giorni su ogni strada ferrata dell’Impero e né quella di chiunque altro può prevenirli.
Cominciarono quindi le richieste affinché le opere fossero assicurate prima di garantirne il prestito, onde evitare danni.
E oggi, come si viaggia?
Come abbiamo anticipato, oggi le opere d’arte sono maggiormente abituate a essere spostate. Il viaggio completamente esente da rischi non sarà mai possibile, ma le attenzioni odierne consentono più sicurezza durante i movimenti. Sicurezza garantita specialmente grazie alla presenza di nuove figure professionali. Il registrar, professione attiva già negli anni ’50 in America, è una di esse e si occupa di tutto ciò che riguarda la movimentazione. Innanzi tutto viene effettuato un accurato esame delle condizioni conservative, così da stabilire il suo stato di salute, spesso con la competenza condivisa di un restauratore. Nel caso risulti particolarmente precario, è anche possibile che si decida di non sottoporla allo stress del viaggio.
L’analisi preventiva passa anche dal valutare il mezzo di trasporto adeguato. Aereo, treno, nave o auto? E se cade l’aereo? O affonda la nave? Anche i disastri non vanno trascurati! Scelto il mezzo, ottenute le autorizzazioni ministeriali e sottoscritte le clausole assicurative, l’opera viene imballata “a regola d’arte” e sempre accompagnata da un esperto (spesso il conservatore museale), così da monitorare il viaggio e l’arrivo a destinazione, oltre alle condizioni di allestimento in sede mostra. Sempre che non si decida di ricorrere anche a una scorta armata! Insomma, gli aspetti da considerare sono molteplici e le precauzioni da adottare tante.
Se siete curiosi di approfondire il vastissimo argomento che abbiamo trattato solo in parte vi rimandiamo al sito del Ministero.
Valeria Gobbi e Anna De Bernardis