ADRIEN MANGLARD
(Lione 1695-Roma 1760)
Marina al tramonto (Porto di Napoli)
Olio su tela
inv. 1906, XXIX, 12
123,5 x 175 cm
Il dipinto venne acquistato da Antonio Borgogna all’asta Orsini, svoltasi a Roma nel 1896, con l’attribuzione a Claude Joseph Vernet (Avignone 1714-Parigi 1789) per 550 lire. Attribuito negli inventari storici del 1903 e del 1906 ad Horace Vernet (Parigi 1789-1863) fu riportato alla mano di Manglard da Viale nel 1934 descrivendola come: “la più bella marina dipinta da Adrien Manglard (1695-1760) questa veduta del golfo di Napoli, splendida specialmente per la luminosità dorata, che esalta tutti i toni e del cielo e della terra e del mare” (V. Viale, 1934, pp. 103-104). Si tratta probabilmente di una veduta fantastica del porto di Napoli, riconoscibile dalla presenza sullo sfondo del Vesuvio fumante. Silvia Maddaleo, nel 1982, cita la nostra tela che definisce splendida nella componente paesistica, mentre risulta ancora incerta l’esecuzione delle figure, ed il rapporto dimensionale tra le immagini nei vari piani della composizione.
Nel Seicento Lione, città di nascita di Manglard, è uno dei passaggi obbligati per i paesaggisti nordici olandesi, fiamminghi e francesi che si recavano in Italia per arricchire il loro repertorio. L’artista, dopo una prima formazione nella città natale, si reca a Marsiglia presso J. G. Imbert, la cui scuola è improntata sulla rilettura dei classicisti del Seicento. In seguito Manglard si recherà in viaggio di studio a Roma, la cui attività è documentata nel 1722. Nel 1726 inizia a lavorare per la corte sabauda mentre dal 1732 è documentata la sua attività a Roma. Qui acquisisce un ruolo di rilievo nell’ambito collezionistico, non solo come pittore di marine, di vedute e di dipinti di soggetto sacro, ma anche come collezionista. Entra a far parte dell’Accademia parigina e poi dell’Accademia di San Luca.
Manglard, parallelamente all’attività di paesaggista, inizia l’attività di pittore figurista e di scene sacre, in particolare in funzione del suo inserimento nell’ambito dell’ambiente accademico romano a cui un pittore paesaggista non avrebbe avuto facile accesso (S. Maddaleo, 1982).