FILIPPO ABBIATI
(Milano 1643 ca. – 1715)
Martirio di Sant’Andrea
post 1686
olio su tela
da Lucedio, chiesa abbaziale di Santa Maria Assunta, in deposito dalla Provincia di Vercelli
264,5 x 211,4 cm
La tela è una preziosa testimonianza dell’arredo secentesco della chiesa abbaziale di Santa Maria Assunta di Lucedio (Vercelli), sopravvissuta ai cambiamenti che coinvolsero il complesso a partire dalla metà del Settecento. L’episodio qui messo in scena rappresenta il santo con la testa reclinata e gli occhi ancora aperti, appeso con dei lacci ad una croce a forma di X. A destra, in secondo piano, un carnefice gli mostra un idolo da adorare, un dettaglio desueto nell’iconografia del martirio dell’apostolo. Tra gli astanti a sinistra, una figura è intenta a trascrivere le parole del santo in agonia. Una donna in primo piano, con accanto un bambino, è forse Massimilla, moglie convertita del Proconsole Egeas, ritratto a destra, che inizialmente ne volle il martirio e in seguito, pressato dalla gente, tentò invano di farlo deporre dalla croce. Un documento del 15 maggio del 1686 attesta la visita al complesso del presidente generale della Congregazione cistercense in Lombardia, Pompeo Castiglioni, che dava ordine di rifare la pala della cappella di Sant’Andrea, uno dei sei altari presenti. La pala doveva già essere stata collocata nella cappella nel 1703 quando venne ornata con “finissimo stucco”. Nel 1768 il dipinto fu spostato con la cornice marmorea nella prima cappella di destra. Il complesso intervento di restauro dell’opera che ne ha consentito il recupero e una nuova leggibilità, ha permesso l’attribuzione al milanese Filippo Abbiati. La fosca atmosfera teatrale, i forti effetti chiaroscurali, i bagliori di luce, la modalità di ritrarre i personaggi-quinta del fondo, l’angelo con la palma del martirio, sono tutti elementi caratteristici della mano di Abbiati. La datazione successiva al 1686 sarebbe confermata dallo stile che testimonia legami con la pittura lombarda secentesca precedente all’influenza di Sebastiano Ricci. Esemplare è il confronto con il ciclo di tele con storie mariane in Santa Cecilia a Como e con Il Crocifisso appare ai santi Benedetto e Bernardo nella cappella della Villa Reale di Monza, che mostrano l’influenza della pittura “tenebrosa” conosciuta da Abbiati a Venezia. L’opera è esposta al Museo Borgogna dal 2016 accanto alle tele di Pietro Francesco Guala e Francesco Antonio Mayerle, anch’esse provenienti dalla chiesa di Santa Maria di Lucedio. (M. Dell’Omo, Un dipinto di Filippo Abbiati per i Cistercensi di Lucedio, in Lucedio Barocca. Abbiati, Guala Mayerle, a cura di M. Caldera con S. Villano, Genova 2016, pp. 18-23; M. G. Ferrari, Il restauro del Martirio di Sant’Andrea di Filippo Abbiati, in Lucedio Barocca. Abbiati, Guala Mayerle, a cura di M. Caldera con S. Villano, Genova 2016, pp. 34-35)