FRANCESCO BETTI
(notizie dal 1848 al 1886)
Tavolo con composizione di vasi, fiori e uva
1878
Piano in mosaico di pietre dure e tenere su fondo di marmo nero del Belgio, firmato e datato sul verso, 65 x 106 cm
Base in legno intagliato e dorato, h 81 cm
inv. 1906, XIX, 21
Lo splendido tavolo in commesso in pietre dure è uno degli arredi ottocenteschi, acquistati da Borgogna, realizzati con questa finissima tecnica, nata in epoca rinascimentale nella Firenze di Ferdinando I de’ Medici. La tecnica del commesso prevede l’utilizzo di sottili lamine di pietre dure e tenere, selezionate in base al naturale colore delle venature, sagomate con estrema precisione e alloggiate su di un piano in marmo nero, consentendo di ottenere straordinari effetti di composizione e di prospettiva. Nella collezione Borgogna, del mosaicista fiorentino Francesco Betti sono presenti altri due tavoli, di cui uno ovale, e una coppia di stipi. Da segnalare, tra gli oggetti in commesso, oltre agli arredi ottocenteschi, un cofanetto con decorazioni a motivi vegetali e animali della metà del Seicento, acquistato da Borgogna all’asta della collezione Grimaldi Pallavicini di Genova nel 1899.
Il tavolo presenta una composizione di vasi antichi posati su una lastra di pietra dai contorni irregolari, intramezzati da viluppi fioriti di ipomea, garofani screziati, un ramo di fucsia (la cui coltivazione era stata da poco introdotta dall’America), un tralcio di vite con un grappolo e un vezzo di perle adagiato su una coppa. Lo straordinario effetto di sottile illusionismo emerge in particolare nel vasetto di sinistra con figure all’antica, realizzato in onice, e nell’uva, in ametista e cristallo, resa tridimensionale dalla presenza di una base in lamina d’argento.
L’opera, di Francesco Betti eseguita nel 1878, rappresenta l’ulteriore variazione di un tema già trattato nelle opere prodotte a partire dagli anni Ottanta del Settecento presso la Galleria dei Lavori in Pietre Dure dell’Opificio fiorentino. Sia la coppa con il vezzo di perle che il vaso centrale, in lapislazzuli, con i convolvoli e garofani, appaiono analoghi in un piano del 1784 eseguito dall’Opificio granducale e ora presso la Galleria di Palazzo Pitti.
Le opere del mosaicista fiorentino furono apprezzate, oltre che in Italia, dopo l’Esposizione di Firenze del 1861, anche dal facoltoso pubblico europeo e americano, dove l’artista fu premiato all’Esposizione di New York nel 1853. Le sue opere sono il risultato di nuovi modelli stilistici che si discostano in parte dalla tradizione per il maggior realismo di fiori e nature morte, tra il revival storico e l’osservazione della natura, in linea con le nuove teorie estetiche proposte da Camillo Boito.