FRANCESCO PORZIO (Vercelli,1855-1934)
Venere che castiga amore
ante 1903
marmo
su modello in gesso dello scultore tedesco Gustav Eberlein (Spickershausen 1847-Berlino 1926)
inv. 1906, XI, 47
105 ca. x 45 ca. x prof. 60 ca.
La scultura è una replica dell’opera del tedesco Gustav Heinrich Eberlein (1846-1926) realizzata da Francesco Porzio prima del 1903.
Fu proprio Antonio Borgogna a mettere a disposizione dell’artista vercellese il bozzetto scultoreo in gesso acquistato a Berlino, poi donato all’Istituto di Belle Arti di Vercelli e oggi purtroppo non più rintracciato. Una versione in marmo dell’opera di Eberlein era stata presentata all’esposizione di Norimberga del 1891.
Il tema mitologico è reso come una divertente scena di genere ispirata a un momento di vita domestica. Venere spazientita colpisce il figlio con un mazzo di rose, tenendolo bloccato per le ali in modo irriverente, mentre Amore cerca di svincolarsi della stretta della madre e di proteggersi con i palmi delle mani aperte.
La torsione divergente dei corpi e la loro gestualità, insieme all’espressività dei volti, accentua il senso dinamico del gruppo.
Il basamento rotante su cui poggiano le figure, decorato a bassorilievo con amorini, festoni e teste di ariete, è tratto anch’esso dalla scultura di Eberlein, Venere che toglie le armi a Cupido, firmata e datata 1891 ed esposta al primo piano del Museo.
Un altro marmo di Eberlein intitolato Il divieto (1900, progettato nel 1893, Berlino, Theater des Westens in deposito permanente dal SMPK, inv. n. 21/73) rappresenta il momento precedente alla punizione in cui Venere ammonisce Amore. Nella serie di opere raffiguranti Venere e il figlio, l’artista tedesco, non solo incontra il gusto del pubblico per raffigurazioni che uniscono l’aspetto scherzoso alla sensualità del nudo, ma coniuga un riferimento alla sua triste vicenda personale rievocando nella ricorrente immagine del piccolo Amore il figlio morto all’età di soli tre anni nel 1881.
L’opera testimonia l’interesse dell’artista verso le suggestioni dell’arte internazionale, con evidenti consonanze con il gusto collezionistico di Borgogna.
Questi modelli, frutto della formazione e delle esperienze extra territoriali dello scultore, saranno espressi anche in una delle sue opere più note Gamine, esposta al Salon di Parigi del 1907 e ora allestita al secondo piano del Museo insieme alle altre due sculture bronzee della serie, anche se più tarde, quali Jeunesse e Petite mère, eccezionalmente prestateci in deposito dai loro proprietari.
Il rapporto di amicizia tra Borgogna e lo scultore Porzio è testimoniato anche da altre commissioni che lo valorizzeranno come il più moderno e precoce interprete di un gusto collezionistico nuovo di carattere borghese. Tra queste ricordiamo il busto di Giovanni Antonio Bazzi detto il Sodoma, realizzato per commemorare il grande artista del Rinascimento originario di Vercelli. Donato al Comune nel 1895, il busto fu allestito, sempre a spese del collezionista, in piazza Cavour.
Dopo la morte di Borgogna fu Francesco Porzio ad essere incaricato dall’Amministrazione del Museo, nel 1910, della realizzazione del busto di fronte all’attuale facciata di ingresso a ricordo del suo fondatore.
Bibliografia: C. Lacchia, V. Natale (a cura di), Francesco Porzio 1854-1934. Un omaggio allo scultore vercellese, Vercelli 2016