GIUSEPPE GIOVENONE IL GIOVANE attr.
(Vercelli, 1524-1608 ca.)
Madonna con Bambino e santi Bernardino da Siena e Francesco con il donatore Giovanni Giacomo Bido
ante 1568
Tavola
215 x 165 cm
In deposito dal Comune di Bianzè dal 2023 (inv. 2023, De 1) con il contributo di Comune di Bianzè e Lions Club.
L’opera proviene dalla chiesa parrocchiale dedicata a Sant’Eusebio di Bianzè (Vercelli) da cui fu trasferita in antico alla chiesa cimiteriale di Santa Maria dei Tabbi. Da qui venne trafugata nel 1980 e in seguito recuperata dalla Polizia di Alessandria nel 1985, senza cornice e divisa in tre parti. È stata restaurata e conservata fino al 2023 presso il laboratorio di restauro della Soprintendenza per i Beni Storico Artistici del Piemonte a Torino ed esposta al Museo Borgogna dal 2023.
La prima attestazione dell’opera appare nella Visita pastorale nel 1568, in relazione alla descrizione della chiesa di San’Eusebio (M. Meni, Il polittico di Bianzè al Museo Borgogna 2015, p. 66). Qui viene citato l’altare di San Bernardino presso la parrocchiale di patronato della famiglia Bido dotato di tutti gli arredi liturgici che il nobile Giovanni Giacomo Bido “manuteneri hornamenta ex voluntate propria et construere facit anchonam unam valore scutorum quindecim”. Nel dipinto il committente Giovanni Giacomo Bido, da identificarsi con un notaio attivo a Bianzè esponente della nobile famiglia dei Bido, viene presentato da San Francesco raffigurato sulla tavola a destra con i relativi attributi iconografici. Nella resa della fisionomia e dei dettagli del volto del committente ritratto di profilo, il pittore mostra le sue doti di abile ritrattista già riconosciute dalle fonti antiche. L’opera, valutata 15 scudi, nel 1568 appare già in sede nella cappella dedicata a San Bernardino ritratto nella tavola a sinistra. Nella visita di Lelio Ardizzone del 1698 (ASDC, 1698, f. 390r) l’altare dedicato a San Bernardino appare già trasferito nella prima cappella destra della chiesa cimiteriale dei Tabbi, fondata nel 1625.
Già assegnata a Lanino, l’opera venne attribuita a Giuseppe Giovenone il giovane da Giovanni Romano (in “Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti” 1964) che la colloca entro il settimo decennio del XVI secolo “ma già così lontana dalle sue prime opere”. Il modello di riferimento appare ancora vicino alla maniera di Gaudenzio Ferrari ma spogliato di ogni elemento aneddotico e piacevole. La semplicità degli abiti, la compostezza delle figure e le tonalità plumbee della pittura si coniugano perfettamente con il contesto della diffusione dei dettami della controriforma applicati a Vercelli a partire dal 1570. I modelli gaudenziani e laniniani sono ben presenti a Giuseppe Giovenone il giovane, il più importante erede della bottega dei Giovenone. Infatti, come segnalato da Simone Riccardi, stilisticamente e in considerazione della datazione al 1568, la tavola di Bianzè appare come una risposta a caldo alla pala di Lanino del 1563, dipinta per la cappella Volpe in San Francesco e ora al Museo Borgogna (Riccardi, Per la storia della pittura a Vercelli … 2018, p. 786).
L’impostazione della figura della Vergine, con il Bambino in piedi sulle ginocchia, riprende direttamente il cartone preparatorio realizzato dallo stesso Giuseppe Giovenone il giovane (n. 353 della raccolta della Pinacoteca Albertina ) per il trittico San Michele Arcangelo a Balocco (1560). Lo stesso modello è riutilizzato anche in opere più tarde come a Casalvolone (1589) e ancora negli anni Novanta in san Francesco a Vercelli nella pala della cappella Cusani.