Stefano Ussi
(Firenze 1822-1901)
Donna araba alla fonte
1880
olio su tela firmata e datata in cornice in legno intagliato e dorato
inv. 1906, II, 33
80 x 55 cm
Una donna velata ma a volto scoperto, presumibilmente berbera, domina il primo piano, seduta all’ombra di un banano, con lo sguardo rivolto all’orizzonte, in attesa che l’anfora sia colma dell’acqua che sgorga dalla sorgente. L’avvolgente mantello blu, indossato come un morbido panneggio, lascia scorgere un turbante sul capo, un abito bianco con ampie maniche e una profonda scollatura. Senza tatuaggi, è agghindata con vistosi gioielli che mette in mostra.
Una distesa di sabbia desertica alle sue spalle lascia scorgere in lontananza un villaggio fortificato e un’altra figura di donna con veste arancio sotto le palme, nella tersa calura e nella luce tagliente. La forma architettonica della sorgente dell’oasi ricorda, per la sua struttura quadrangolare sormontata da una cupola semisferica, una piccola “cuba”. L’edificio sacro è descritto da Edmondo De Amicis nel suo libro di viaggio “Marocco” (ed. 1928, pp. 89-90).
Nello stesso sguardo sospeso e rivolto lontano della ritrattata possiamo immaginare si identificasse anche il nostro collezionista Antonio Borgogna. Amico e committente dell’artista (acquistò infatti altre tre opere di Ussi tra le quali si veda il grande dipinto con Bianca Capello che accoglie gli ambasciatori veneti al cospetto del granduca Francesco I de Medici), viaggiò in quei luoghi esotici e cercò di rievocarne le atmosfere nell’allestimento della sua Sala Araba nella casa-museo vercellese.
Borgogna, appassionato viaggiatore e frequentatore assiduo di esposizioni e aste antiquarie in Italia e all’estero, allestì infatti una sala della sua casa-museo con un’ambientazione arabeggiante, minuziosamente arredata con oggetti, tessuti, porcellane, arredi, tra i quali il notevole gruppo di mobili intarsiati alla moresca dell’ebanista Giuseppe Parvis.
Questa scenografica e ricca decorazione della sala Araba, con le pareti colorate, rifletteva le tappe dei suoi viaggi in Spagna, Nord Africa e medio Oriente, secondo quel gusto eclettico e quella moda orientalista così diffuse nella metà del XIX secolo in Italia e all’estero.
Il pittore fiorentino Stefano Ussi, uno dei principali esponenti della pittura orientalista con una solida formazione accademica legata alla corrente del Romanticismo storico (di cui Borgogna acquistò anche una replica in riduzione de La cacciata del duca d’Atene ), rievoca in questa scena alcuni suoi ricordi delle atmosfere e dei colori dei paesaggi nordafricani, a distanza di pochi anni dall’ultimo viaggio compiuto in Marocco (1875) proprio in compagnia dello scrittore e del pittore romano Cesare Biseo, con il quale illustrò l’edizione del romanzo.
L’impostazione compositiva della nostra tela ricorda un altro dipinto di Ussi del 1856 dove un’odalisca seminuda, in attesa del ritorno dello sceicco e dipinta nello stile purista di Hayez, ha un atteggiamento ancora più sensuale.
Le suggestioni di costumi pittoreschi ed evasioni in terre lontane che affascinano in questi anni artisti, scrittori e collezionisti, si traducono per Ussi in straordinari schizzi, studi e acquerelli. Essi rappresentano la sua ricerca di una rinnovata sensibilità luministica e materica, sempre più vicina alla “macchia” di cui Ussi sarà un precursore e di cui questa tela ben ne rappresenta gli esiti.
Oltre alla Donna araba alla fonte, Antonio Borgogna si assicurò anche un’altra opera dell’artista fiorentino a soggetto esotico: l’ Accampamento di nomadi nel deserto (inv. 1906, V, 340).