Se ve lo siete persi, questo è l’intervento di Alessandro Barbaglia sul dipinto “Electricité” di Giuseppe Cominetti

Elettricità, ci si può baciare dicendo elettricità.

Provate, la prima volta che vi capita, provate a baciarvi e mentre avete le labbra nelle labbra dell’amato dire elettricità. Vi accadrà come a Nabokov, nel 1955, quando scrive l’incipit di Lolita.

Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi, mio peccato, mia anima. Lo-li-tà; la punta della lingua compie un bacio di tre passi sul palato per battere al terzo contro i denti e finalmente averti tutta tra le labbra: Lo-li-tà”.

Pensate se invece di Lolita, Nabokov avesse scritto Elettricità, avrebbe funzionato lo stesso, sentite, e avrebbe funzionato perché Lolita ed elettricità sono una cosa sola, sono la storia di un’attrazione.

“Elettricità, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi, mio peccato, mia anima. Elettricità la punta della lingua compie un bacio di tre passi sul palato per battere al terzo contro i denti e finalmente averti tutta tra le labbra: Elettricità”.

Che scossa! Sedurre significa condurre a sé, e l’elettricità questo fa, conduce a sé come le labbra i baci degli amanti.

La parola elettricità deriva dal greco, deriva da Electron, che non significa elettricità, certo non c’erano lampadine e prese nell’antica Grecia, significa ambra gialla. L’ambra è una pietra ma qualcuno si era accorto che sfregandola forte poi quella pietra sapeva attirare a sé, sapeva sedurre, i peli del braccio, i capelli, a volte fare addirittura piccole scintille. E così poi la nostra elettricità prende il nome della pietra scintillante. C’è sempre un po’ di magia nell’elettricità.

L’elettricità è magia e seduzione, l’elettricità è condurre a sé, sempre.

L’elettricità è un bacio, è l’amore che fanno elettroni, neuroni e protoni nella danza del cosmo.

Elettricità.

Nel 1919, esattamente cento anni fa, all’elettricità accadono tre cose grandiose che invadono gli occhi, le orecchie e la pelle degli uomini. Nel 1919 con l’elettricità Lev Teremen inventa il Theremin, uno strumento musicale. Lo strumento con cui Teremen e la sua amata Clara, suoneranno l’invisibile, l’aria. Daranno voce all’elettricità, la faranno cantare come uno spettro. Il Theremin funziona così: il un campo elettrico infili le mani, con una regoli il volume, con l’altra tagli nel nulla la nota. E l’invisibile canta.

L’Elettricità canta con voce aliena.

Alla prima americana di Lev Teremen, ad ascoltarlo, ci sono anche Arturo Toscanini e Serjey Racmaninov, il più grande direttore d’orchestra di tutti i tempi e uno dei più grandi pianisti di tutti i tempi.

Ecco cosa vedono.

Sempre 1919, stesso anno, sempre cento anni fa, Nikola Tesla inventa la sfera di fulmini. E ci si siede dentro. Poi allarga le mani e si fa passare i fulmini da un palmo all’altro.

Fa una cosa così: e il pubblico è in estasi.

L’elettricità è seduzione. L’elettricità e magia.

Sempre 1919, sempre cento anni fa ma basta America, veniamo a Vercelli: Giuseppe Cominetti dipinge L’Elétricité.

E io la vedo adesso con voi e me ne innamoro. Qui dentro c’è tutta la seduzione e la malvagia meraviglia dell’elettricità. Qui c’è un uomo che scardina o incardina non lo sappiamo un palo della luce. C’è una croce, una croce a cui l’uomo è stato crocifisso per millenni, la croce della fatica, la croce dei campi da coltivare, ma l’uomo scende, si stacca dalla croce, libera la propria elettricità e dall’elettricità è liberato.

Già, ma allora perché non ci sono i fulmini di colorati di Tesla, perché non ci sono le note di meraviglia di Theremin? Perché questa sembra una lotta, uno sforzo, una fatica? Perché nel 1919 l’elettricità è magia, seduzione e show, da una parte, misterioso sforzo dall’altro? Perché questa figura così tagliata spessa, così goffa, così dura, perché questa posa quasi forzata? E che cos’è: un uomo, un gigante, un mostro gobbo?

Se quella è una croce e l’elettricità ha la seduzione di un nuovo dio, gli dei vanno sempre onorati con i sacrifici.

E dove c’è sacrificio c’è sempre, almeno, una vittima.

Nel nostro caso, la vittima sono le domande.

Domande?

“Domande?” è il titolo del racconto breve che Alessandro Barbaglia ha scritto ispirandosi al dipinto di Giuseppe Cominetti che è pubblicato nel libro “Storie da Museo”, Edizioni Effedi.